Sono giornate importanti per il CERESO, tra ricordi, testimonianze e prospettive di impegno… nel 24simo anniversario dall’apertura della Comunità Terapeutica “Arché-Totò Polimeni”, vogliamo lasciare traccia dell’intervento di Maria Angela Ambrogio, direttore generale, presenza storica oggi di coloro che hanno aperto le porte della comunità il 4 LUGLIO 1995.

(…)Stamattina scorrevo un poco la pagina ufficiale del CERESO su Facebook e vedevo che ogni 4 Luglio c’era sempre qualcosa da dire, qualcosa di originale… Però l’immagine bella che ho di questo 4 Luglio sono le parole che prima ha detto Don Francois durante l’omelia: “La comunità è un cammino” ed è proprio bello pensare al fatto che la comunità non sia una fase del programma, non sia la struttura, non sia solo una sede accreditata, ma è proprio questo gruppo di persone che insieme, in cammino, sono capaci di produrre un cambiamento. E credo che in cammino ci siamo tutti quanti noi, sia chi è qui perché lo ha scelto, perché è costretto, perché qualcuno gliel’ha consigliato… Chi ha scelto di fare il Servizio Civile, chi ha scelto di essere un operatore del CERESO, di essere un volontario, di essere quella persona che vuole produrre un cambiamento.       
Essere in cammino significa tante cose… Significa che alcune volte non hai la forza per camminare e qualcuno ti deve comunque motivare ad alzarti, ti deve motivare e ti deve dire: “Guarda, ci sono pure io, ci sono passato prima di te, è solo un momento”.      
“Essere in cammino” significa anche che qualche volta ho bisogno di sedermi, di riflettere se ci voglio stare radicato in questo progetto oppure no.      
“Essere in cammino significa che sono libero anche di andarmene da questa casa. Perché in questa casa credo che il principio principale sia veramente educare le persone alla libertà ed educare le persone alla libertà significa educarle per il dopo… essere in cammino per quando io non sono più in questa casa e determinati valori mi possono servire nella mia quotidianità, quando io sarò autonomo e posso applicare quei valori, quelle cose che ho appreso in comunità, nella mia famiglia. E questo non vuol dire che devo fare le pulizie o devo fare il gruppo con mia mamma, la mia compagna, ma vuol dire riconoscere l’altro come valore, come persona, perché il programma è questo, è mettere al centro la persona, dirgli: “Tu vali, qualsiasi cosa tu abbia fatto, qualsiasi cosa tu mi abbia fatto, ma io ti perdono, mi perdono e andiamo avanti in questo cammino”. È un cammino dove noi incontriamo delle persone.

Quando entro in comunità penso sempre alle persone che sono entrate in questa casa il 4 Luglio 1995…
Ho avuto l’onore e l’onere di avviare la comunità insieme ad un gruppo di educatori e insieme a 6 ragazzi… Io ancora sento le loro voci… Ma so che dopo di me sono venuti altri educatori, più bravi di me, più in gamba di me, più motivati. Sono arrivate altre famiglie con tante speranze, sono arrivati altri ragazzi. Quante persone sono passate da qua… Pensate a quanti problemi, quanti sogni, a quanti figli che abbiamo potuto vedere  in questi anni ed è una ricchezza incredibile. La comunità è quindi uno scrigno che custodisce tanti segreti, tante fragilità ma anche tante cose belle…     
E penso che oggi non dobbiamo solo guardare al passato e dire “com’era bella la comunità di una volta, dove si facevano tanti begli interventi, si facevano tanti bei gruppi”… oggi abbiamo l’accreditamento, abbiamo i progetti educativi individualizzati, abbiamo questa grande apertura sul territorio e mi piace quando sempre Don Francois dice “La comunità nella comunità…”. Il sentirsi comunità all’interno di una comunità è una cosa importante, significa che abbiamo il nostro posto dentro un altro gruppo e nessuno si sente veramente escluso dal gruppo e dalla società. E quindi è bello sentire di far parte di qualcosa di più grande di noi e che ci supera. Solo così noi possiamo veramente dire “abbiamo fatto un cammino”.      
Don Mario Picchi diceva nel suo testamento spirituale “Un giorno io scenderò dal treno che ho guidato, però la cosa che mi piace è pensare che altri saliranno sul mio stesso treno, faranno il mio stesso cammino e anche loro scenderanno”. Allora io vi auguro di scendere da questo treno con la consapevolezza di essere delle persone nuove, delle persone che hanno voglia sempre di superarsi, di superare i limiti, di superare le difficoltà e di saper riconoscere negli altri una risorsa e a nostra volta di essere riconosciuti veramente come un dono prezioso per l’altro.      
GRAZIE alle famiglie di essere qui e per tutto quello che fate sia per i vostri figli, sia per la comunità e mi sento di ringraziarvi anche a nome degli educatori di questa struttura. Loro rappresentano il cuore del programma e credo che per tutti noi proprio la fase della comunità è questo cuore pulsante da cui tutti quanti un poco dipendiamo, ma dipendiamo nel bene, nel cambiamento. E quindi solo un grazie per tutto quello che fanno e per come lo fanno.       
E anche GRAZIE a tutti gli altri operatori del Cereso, sia quelli del semiresidenziale, che delle comunità educative, dell’amministrazione, del Centro Studi.
E un GRAZIE veramente ai ragazzi e ai giovani del Servizio Civile perché sono delle persone che si impegnano quotidianamente. Potevano anche scegliere di non fare il Servizio Civile, ma hanno scelto di donare un anno della loro vita, qui in questa casa o in altre case, perché vogliono crescere e il nostro dovere è quello di aiutarli a diventare dei cittadini, delle persone con un progetto di vita.             
GRAZIE a Don Francois, a Stefano Calabrò, a Don Piero perché nel cammino il suo Sì ha dato la possibilità a tutti noi di dire un Sì che va rinnovato ogni giorno, perché non è semplice essere educatori, non è semplice stare oggi nei servizi e nella sanità, abbiamo visto quante difficoltà… ma dopo 24 anni io penso che ne valga veramente la pena di esserci e di sentirsi veramente radicati in quest’albero che poi porta veramente alla vita.

GRAZIE!