Si può guarire dalla tossicodipendenza? Sembra una domanda retorica e fuori dal tempo, ma è la Domanda con cui gli operatori delle dipendenze si confrontano ogni volta che incontrano una famiglia in difficoltà che chiede aiuto o che accompagna un familiare in comunità terapeutica, spesso “l’ultima spiaggia” di tanti tentativi falliti. La tossicodipendenza è inserita tra le malattie croniche e con un’alta tendenza alla recidiva, una definizione che appare quasi come una sentenza e che farebbe optare per un sonoro e doloroso NO, non si può guarire dalla dipendenza. E se consideriamo la guarigione come un evento magico e salvifico, non possiamo che rassegnarci alla dura realtà. La verità è che non si possono dare risposte semplici a problemi complessi. E la dipendenza è tra i problemi più complessi del nostro tempo. Complesso perché è un disturbo che investe la persona in tutti i suoi aspetti bio-psico-sociali e di conseguenza richiede una presa in carico globale, un’assunzione di responsabilità condivisa, sia della persona che accetta di curarsi, ma anche della società tutta, nei termini della cura e della prevenzione. Una persona con un Disturbo da Uso di Sostanze fa i conti con un problema di salute ancora fortemente segnato dallo stigma e dal giudizio, ma soprattutto deve imparare a fare i conti con la propria vulnerabilità che deve essere riconosciuta, accolta e inglobata in modo armonico nella propria esperienza di vita. Questo approccio segna un nuovo modo di intendere il trattamento delle dipendenze: al CERESO, i percorsi terapeutici proposti hanno proprio questa funzione, ovvero aiutare ciascun paziente a riconoscere i propri personali fattori di rischio per prevenire le ricadute. Non esiste una guarigione “una volta per tutte”, esiste la consapevolezza di potere scegliere ogni giorno ciò che fa stare bene, ciò che rende autonomo, che permette di vivere e di sentirsi parte della comunità. All’interno dei percorsi residenziali e semiresidenziali che il CERESO promuove, la persona è messa al centro dell’intervento, ascoltata perché riscopra e sperimenti comportamenti alternativi che possano diventare spendibili all’esterno. Per questo abbiamo abolito la distanza tra la comunità e il territorio. Da qualche mese abbiamo inaugurato una nuova sede, a Gallico all’interno del Parco della Mondialità, un luogo centrale e aperto ai cittadini. L’obiettivo è quello di promuovere un cambiamento non solo per le persone inserite nel programma di recupero, ma per tutti: la dipendenza, sempre di più, è un fenomeno trasversale che può riguardare tutti, non solo le persone emarginate. La cura non può essere quella di vivere in una bolla, lontano dalla realtà che ha contribuito a generare il problema, anzi è proprio sperimentando alternative, comportamenti diversi all’interno del contesto sociale, che la persona costruisce il proprio cambiamento. E allora sì, guarire si può, si può “fare come gli altri, insieme agli altri” e guarire significa diventare consapevoli, sapere chiedere aiuto, potere contar sugli altri. Per diffondere questo messaggio abbiamo deciso in occasione della Giornata Mondiale di Lotta alla Droga che si celebra ogni anno il 26 giugno, di dare voce alle persone che hanno concluso il percorso terapeutico e che possono testimoniare che si può vivere sereni, che dopo tanta fatica e tanto dolore, si può riprendere a camminare. Il 24 giugno alle 18.30 nella sala che dedicheremo in quella occasione al nostro co-fondatore, il medico Totò Polimeni, presso il Parco della Mondialità a Gallico, in una cerimonia carica di emozione e significato, operatori e volontari, pazienti e famiglie, ascolteranno le testimonianze di coloro che hanno scelto di raccontarsi e di dare voce alla Speranza. In un tempo sempre più segnato dall’anonimato delle prestazioni, noi crediamo invece nel valore delle Relazioni, quelle terapeutiche significative che sono fondamentali per la cura della malattia, ma anche quelle informali che restituiscono a chi vive la difficoltà la speranza di tornare a essere parte della comunità.