Angela Modaffari*

Le bevande alcoliche, da sempre presenti nelle tradizioni materiali ed immateriali delle diverse culture, sono contraddistinte da una marcata ambivalenza a causa della duplicità intrinseca alla sostanza alcolica, al tempo stesso veicolo di convivialità, parte integrante della cultura e tradizione italiana, e agente intossicante, una sostanza psicotropa che, se assunta a dosi elevate, può portare alla dipendenza.

Il consumo e l’abuso di alcol fra i giovani e gli adolescenti è un fenomeno preoccupante e in forte crescita sia a livello internazionale che nazionale. Secondo i dati dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità durante Alcohol Prevention Day 2023) emerge come tra i consumatori a rischio, preoccupano soprattutto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni).  Nel 2021 circa 1 milione e 370 mila ragazzi di età compresa fra gli 11 e i 25 anni hanno consumato alcol secondo modalità a rischio per la loro salute. Il binge drinking ha interessato l’11,4% dei maschi e il 6,4% delle femmine. Nel 2021, 620.000 minori, il 16,5% dei maschi e il 14,2% delle femmine, hanno bevuto alcolici e sono consumatori a rischio che avrebbero richiesto e richiedono un’identificazione e un intervento di counseling motivazionale, rivolto all’incremento della consapevolezza del rischio e dei danni causati dall’alcol. Tra i 18-20enni, il 72,3% dei maschi e il 62,2% delle femmine consuma bevande alcoliche, 300.000 bevono secondo modalità a rischio, 279.000 ne assumono in forte quantità.

La cultura del bere attualmente diffusa tra i giovani segue sempre più frequentemente standard orientati verso modelli di “binge-drinking” ossia il “bere per ubriacarsi, 5 drink di seguito”, cioè di abuso concentrato in singole occasioni, che non riflettono quindi le modalità di consumo tipicamente mediterranee, a cui le generazioni precedenti si sono conformate e che privilegiavano il consumo del vino ai pasti, quale parte integrante dell’alimentazione. Le conseguenze legate a questo fenomeno, dannoso non solo per la salute stessa (maggiori probabilità di contrarre tumori, problemi al pancreas ed al sistema cardiovascolare, problemi gastrointestinali e neurologici, danni al sistema riproduttivo), risultano essere molteplici anche a causa dei così detti effetti secondari indotti da comportamenti a rischio sotto l’effetto dell’alcol: la guida in stato di ebbrezza, causa principale di incidenti stradali spesso mortali; le attività sessuali non pianificate, che presentano il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili come l’HIV (visto che nella maggior parte dei casi i rapporti avvengono senza protezione); l’avere comportamenti violenti contro se stessi e contro le altre persone; provocare danni alle proprietà altrui; il peggioramento delle prestazioni scolastiche che spesso conducono all’abbandono degli studi.

Uno dei principali ostacoli alla diffusione di una corretta informazione e comunicazione sui rischi e danni causati dall’alcol è rappresentato dalle pressioni sociali al bere e dall’azione dei mass media e delle pubblicità, che privilegiano l’uso dell’associazione di immagini di successo (ricchezza, sesso, salute, amicizia) al consumo di alcol.

Gli 11-16 anni appaiono l’età più delicata sotto il profilo psico-sociale, in quanto si combinano le grandi metamorfosi corporee del periodo, i compiti di sviluppo evolutivo  e i “must” sociali della loro anticipazione e maggior precocità, un’età in cui si vive con forte ansia il timore di essere in ritardo agli appuntamenti e con le esperienze che segnano la crescita personale. L’etanolo interferisce con il normale sviluppo cerebrale, in corso fino ai 25 anni, e più in generale l’uso di bevande alcoliche durante l’adolescenza rischia di cristallizzare lo sviluppo cerebrale, impedendo quella maturazione necessaria al completamento dello sviluppo e al raggiungimento dell’età adulta.

*Angela Modaffari, Psicologa e Psicoterapeuta – CERESO Servizio Semiresidenziale “Don Tonino Bello”